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Elezioni Usa, come funziona il sistema elettorale

Elezioni Usa, come funziona il sistema elettorale

Elezioni USA Come Funziona il sistema elettorale e il Collegio Elettorale. Possibili Sviluppi di un Sistema Complesso

A breve gli elettori americani si recheranno alle urne per scegliere il prossimo presidente degli Stati Uniti, ma in realtà il loro voto non è diretto. Il sistema elettorale americano, costruito su un meccanismo complesso noto come Collegio Elettorale, prevede che i cittadini votino per i cosiddetti “grandi elettori” e non direttamente per il candidato alla presidenza. Questo particolare metodo, inserito nella Costituzione dai Founding Fathers per temperare le “passioni popolari”, rende le elezioni presidenziali una procedura indiretta. I 538 grandi elettori, distribuiti tra gli stati in base alla popolazione, avranno poi il compito di eleggere il presidente.

Per raggiungere la Casa Bianca, un candidato deve ottenere almeno 270 voti elettorali.

Un aspetto cruciale di questo sistema è il principio del “winner takes all“, secondo cui il candidato che vince anche di pochi voti in uno stato si aggiudica tutti i suoi voti elettorali. Tuttavia, Maine e Nebraska adottano un sistema proporzionale, unico nel panorama elettorale statunitense. Ma cosa succede se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza dei voti elettorali? In tal caso, interviene la Camera dei Rappresentanti per decidere chi sarà il prossimo presidente. Questo scenario, anche se raro, è già accaduto in passato.

Elezioni Usa, come funziona il sistema elettorale

Elezioni Usa come funziona il sistema elettorale

Ecco tutti i ‘come’ e ‘se’ del sistema elettorale degli Stati Uniti:

COLLEGIO ELETTORALE: Inserito nella Costituzione americana dai ‘Founding fathers’ come un elemento teso a tenere lontana dalle elezioni ”le passioni popolari”, il sistema del Collegio elettorale si basa sull’idea che l’elettore esprimendo il proprio voto in realtà non vota il candidato ma una serie di grandi elettori, a lui collegati, che eleggeranno effettivamente il presidente in un secondo momento.

L’elezione del presidente degli Stati Uniti è quindi indiretta. Eletti nei singoli stati in numero proporzionale alla popolazione – che corrisponde alla somma dei deputati e senatori che rappresentano lo stato al Congresso – i grandi elettori sono 538: ad un candidato sono necessari quindi 270 voti per aggiudicarsi la Casa Bianca.

WINNER TAKES ALL: I voti elettorali vengono aggiudicati all’interno di ciascuno stato con un sistema maggioritario secco, che viene definito il ‘winner takes all’. Fanno eccezione Nebraska e Maine, gli unici due stati che hanno scelto di assegnare i loro voti elettorali, rispettivamente cinque e quattro, con il sistema proporzionale. In tutti gli altri stati il vincitore prende quindi tutto anche se per uno scarto minimo di voti.

ELECTION DAY: Il Congresso ha stabilito nel 1845 che si votasse sempre il primo martedì del mese di novembre quattro anni dopo l’ultima elezione del presidente. Una scelta del mese legata alle radici fortemente agricole del paese – a novembre si era concluso il raccolto e le strade non erano ancora bloccate dalla neve – e una scelta del giorno legata al fatto che, calcolando che la domenica era dedicata alla chiesa, molti degli elettori che vivevano nelle zone più remote non sarebbero riusciti a raggiungere i centri dove si votava in tempo il lunedì’. Secondo la costituzione i requisiti per diventare presidente sono tre: un’eta’ superiore ai 35 anni, essere nati negli Stati Uniti e risiedervi da almeno 14 anni.

– COSA SUCCEDE SE NESSUNO OTTIENE MAGGIORANZA VOTI ELETTORALI: In caso di parità tra i due candidati all’interno del Collegio elettorale, la decisione viene demandata alla Camera dei rappresentanti che sceglie il presidente fra i tre candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti elettorali. La delegazione di ciascuno stato alla Camera deve esprimere un solo voto, e se non riesce ad avere una maggioranza al suo interno, il suo voto non verrà conteggiato. Diventa presidente chi ottiene la maggioranza dei voti degli stati, che è 26. (segue)

Le elezioni presidenziali sono state decise due volte dalla Camera: nel 1800, quando Thomas Jefferson e Aaron Burr ottennero ciascuno 73 voti del Collegio Elettorale e Jefferson vinse solo al 36esimo ballottaggio. E nel 1824 Andrew Jackson ottenne 99 voti elettorali, John Quincy Admas (che aveva in effetti avuto piu’ voti popolari) 84, William Crawford 41 e Henry Clay 37, dal momento che nessuno aveva raggiunto la maggioranza, decise la Camera e vinse Jackson al primo ballottaggio.

– TRADIMENTI DEI GRANDI ELETTORI. Tra gli scenari un possibile tradimento del suo candidato da parte di un grande elettore al momento della riunione del Collegio elettorale , che avviene, secondo la legge, il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre. Nella storia americana, anche più recente, non sono mancati questi ”tradimenti”. Nel 1988, per esempio, Margaret Leach, elettrice del candidato democratico Michael Dukakis – che fu nettamente sconfitto da Ronald Reagan – votò invece per il candidato alla vice presidenza, il senatore Lloyd Bentsen. Mentre nel 1976 fu un grande elettore repubblicano dello stato di Washington che invece di votare per lo sconfitto Gerald Ford voto’, anticipando i tempi, per Reagan. Anche nel 2000 ci fu una sorpresa, ininfluente ai fini dei risultati: in segno di protesta per il modo in cui era stata condotta l’elezione un grande elettore di Al Gore voto’ scheda bianca.